lunedì 10 maggio 2010

Adunata Bergamo 2010

C'era gente aggrappata anche alle finestre della Banca d'Italia, domenica 9 maggio, per assistere alla sfilata che ha chiuso l'83° adunata degli alpini a Bergamo. La città, per tutto il finesettimana,  è stata invasa da più di mezzo milione di persone, in un clima di allegria e convivialità, tra clacson di festa anziché di rabbia, gente in coda dietro a improbabili motocarri che sorrideva invece di imprecare, lentezza voluta e non imposta dalla congestione del traffico.

È stato uno scorrere senza fretta, questo raduno, con la sfilata finale in terribile ritardo sul programma: più di 12 ore di corteo, 100 mila partecipanti (record di presenze per le adunate alpine), di cui 10 mila bergamaschi. Ma, in fondo, è giusto così, perché si è marciato rispettando il passo dei «veci», quelli che hanno fatto la guerra o che sono stati in Friuli a ricostruire dopo il terremoto. Sono loro, con la loro storia, il vero patrimonio di questo corpo, sono stati loro i più applauditi, e le ovazioni della gente che è rimasta anche quando, intorno alle 17, è ricominciato a piovere. Lì, per ore, a vedere passare camicie a quadrettoni, bandiere e gonfaloni, bande con le stesse note. Soddisfatto il presidente nazionale dell'Associazione alpini Corrado Perona: «Abbiamo sbriciolato tutti i record, - ha detto - è stata una fuimana di entusiasmo. Anche con la pioggia e il buio, i bergamaschi hanno continuato a sfilare: è stato come se fosse stato mezzogiorno con il sole» .

Non c'erano effetti speciali (a parte il passaggio delle Frecce Tricolori, poco prima di mezzogiorno) come al cinema, eppure il pubblico era incantato lo stesso, e resta un meraviglioso mistero come gli alpini siano in grado di far rimanere incollati a questa lentezza tanti spettatori.

Tribune di viale Papa Giovanni già colme alle 7,30, piazza Sant'Anna, il punto di partenza, formicolava di divise e disposizioni. Il corteo è partito poco dopo le 9 da via Mai, con la fanfara della Julia, che precedeva la bandiera di guerra e i reduci tintinnanti di medaglie su mezzi quasi più datati di loro. E sono stati subito applausi, gente ammassata dietro le transenne, gente ai balconi imbandierati.

Erano cori semplici quelli che facevano da ali alla sfilata, felicità bambina urlata a pieni polmoni da donne e mariti, con quest'ultimi che poi si mettevano sull'attenti al passaggio della bandiera. Espressioni fiere sotto il cappello che viravano alla commozione una volta imboccato viale Papa Giovanni. Che era un muro di folla, con Città Alta bellissima e imbandierata come quinta, e gente anche sulle Mura che da lontano guardava il serpentone avanzare. E c'erano i militari stranieri, gli alpini francesi in bianco, e le sezioni Ana dall'estero, quella del Lussemburgo guidata da un anziano curvo sui suoi anni, le mani callose, le rughe che erano segni della storia, e quelli del Belgio che sfilavano con la lanterna dei minatori.

E che brividi vedere là in fondo avanzare lo striscione «Bèrghem de Sass», sacro anch'esso, quasi come una bandiera di guerra. Quando l'ultimo alpino ha svoltato l'angolo tornando al suo prezioso anonimato, le luci si sono spente e la città è ripiombata nel suo silenzio.

Emozionato il presidente dell'Ana di Bergamo Antonio Sarti, che si commuove: «Grazie a Caprioli, a lui Bergamo deve tanto»

Resterà negli occhi la meraviglia di una città trasformata dalla normalità di questa gente senza effetti speciali da offrire se non strambi motocarri. Perché se le Frecce Tricolori sono un'emozione, gli alpini sono un sentimento.

5 commenti:

  1. Ciao Ezio mi sono collegato al blog come mi hai chiesto e mi sembra che funzioni tutto ok.

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  2. Grazie Mirko, diffondi pure l'iniziativa ed attendo contributi su cui aprire una discussione.
    Ciao

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  3. dimenticato pasword confermo Viareggio e bassan patrizio

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  4. confermo anche bassan a scanso equivoci ciao pat

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